L’infortunio di Duarte, i malumori di Musacchio spodestato da Kjaer (che non convince del tutto), la fragile freschezza di Gabbia (che convince molti ma va protetto)… Da quale centrale ripartire con Alessio Romagnoli? Tra i dubbi del presente e quelli sul futuro, il Milan vaglia una nuova rivoluzione estiva.
La curva di rendimento ha raggiunto il picco nelle settimane che hanno preceduto l’imbarazzante crollo di Bergamo. Merito soprattutto dei triari rossoneri, l’ultima linea di difesa, i tanto bistrattati difensori che all’alba del rigido inverno rossonero hanno saputo arginare gli affondi degli avversari. I triari in epoca romana erano i veterani, l’ultima linea della fanteria dell’esercito, chiudevano lo schieramento oltre a infliggere il colpo di grazia a chi tra i nemici riusciva a superare indenne le spade degli astati (la prima linea, i più giovani) e dei principi. Nel calcio di oggi, da Sacchi in poi, astati e principi sono attaccanti e centrocampisti concentrati nella fase difensiva, il calcio totale. I triari, appunto, i difensori. Nel Milan di oggi astati e principi vagano spesso tra una zolla e l’altra dimenticandosi che una conquista è fatta anche di lavoro sporco.
Difesa solida, miglior Milan
Con una fase difensiva non così solida e con un terzino – Theo Hernandez – votato più all’attacco e meno al contenimento, la difesa del Milan spesso in stagione ha fatto quel che ha potuto. Ma quando ha girato bene, tutto l’esercito ne ha beneficiato. Il Milan contro il Napoli (1-1 a San Siro) ha disinnescato almeno due chiare occasioni da gol dell’undici avversario. A Parma (0-1 gol di Hernandez) Conti sulla fascia ha macinato chilometri e cross interessanti e Capitan Romagnoli al centro è stato un vero leader, ha spento sul nascere i tentativi di Kulusevski. E poi, ancora, a Bologna Mateo Musacchio ha mostrato grinta da vendere nello scontro fisico contro il “Ropero” Santander. Non è un caso che nel momento della stagione migliore per la difesa, il Milan abbia cristallizzato più punti sulla classifica.
Le crepe di inizio stagione
Marco Giampaolo aveva aperto la sua avventura in rossonero affidandosi alla coppia di centrali Musacchio-Romagnoli. L’inizio in salita, con il ko di Udine e quello netto contro l’Inter alla quarta giornata, aveva creato sul muro i primi scricchiolii. La tenuta del gruppo si stava indebolendo da settimana in settimana, lo spogliatoio non ha mai digerito le idee del tecnico, la lucidità dei singoli si era ridotta al contagocce. Contro il Torino era arrivato un doppio cartellino giallo, ammoniti entrambi i centrali, e un rosso diretto per Musacchio nel match della giornata successiva a San Siro contro la Fiorentina. A Genova, con Duarte al fianco di Romagnoli, il diavolo ha strappato con fatica i tre punti, ma il ritorno alla vittoria non è bastato a salvare la panchina di Giampaolo.
La scalata e la sfortuna
Alla situazione già di per sé critica ereditata a Milanello, Stefano Pioli ha dovuto sommare un paio di scherzi ben confezionati dal destino. In difesa il nuovo allenatore del Milan ha spesso dovuto affidarsi al turnover, a meccanismi non abbastanza oleati ed esperimenti d’alto rischio (leggi l’esordio di Gabbia contro il Toro al Meazza). Musacchio ha perso terreno frenato da due infortuni, il primo muscolare l’ha costretto a dare forfait contro la Juventus all’Allianz Stadium, il secondo a metà gennaio di fatto gli è costato il posto da titolare, fino a quel momento occupato insieme al Capitano in 15 incontri. L’apporto di Simon Kjaer, nel mentre arrivato in prestito nella sessione invernale del mercato per sopperire al ko di Leo Duarte, fermato a fine novembre da una seria frattura al calcagno (quattro mesi di stop per il brasiliano) ha convinto Pioli a rivedere le gerarchie. Quando poi anche Kjaer si è fermato per infortunio (costretto ad abbandonare il campo contro il Torino per una lesione del bicipite femorale della coscia sinistra) ecco che è stato il turno di Matteo Gabbia. In quell’occasione Musacchio, convocato e in panchina, aveva rifiutato il cambio per un fastidio al polpaccio. Stefano Pioli non ha avuto scelta. Gabbia ha retto e si è meritato la conferma nei due match successivi, contro la Fiorentina in trasferta e in casa a porte chiuse col Genoa.
Da chi ripartire?
Alla ripresa Pioli dovrà tradurre con molta attenzione il quadro nella sua totalità. In attacco ma soprattutto in difesa, per capire intanto in quali condizioni si presenteranno i suoi uomini a Milanello. Escluso Leo Duarte, che dovrà proseguire nel suo piano di recupero, e Alessio Romagnoli, che con 2.497 minuti all’attivo resta il rossonero più utilizzato in campionato, in tre si giocheranno la prima maglia da titolare al centro della difesa. Ma serviranno tutti, perché se è vero che la Serie A riprenderà con una partita ogni tre giorni, un tour de force che consentirebbe alla Lega di concludere il torneo nei tempi dettati dalla UEFA, l’ossigeno dopo mesi di stop inizierà ben presto a scarseggiare.
Futuro da riscrivere
I dubbi maggiori però si annidano negli appunti che il Milan e i suoi uomini di comando hanno già in parte abbozzato per il progetto tecnico della prossima stagione. Al Milan manca un centrale davvero affidabile da affiancare ad Alessio Romagnoli, che non è né Nesta né Stam e che troppe volte è costretto a sdoppiarsi per sopperire alle lacune del reparto. Non può essere un giovane, la stagione lo insegna, per tornare davvero competitivo il Milan non può permettersi di gestire troppe fragilità. Tra le ipotesi al vaglio entra in gioco la cessione di Gigio Donnarumma, sostituito nel caso da un portiere già in orbita Milan (Reina potrebbe rientrare a Milano da titolare) o da un numero uno di buon livello scelto sul mercato. Il budget generato dalla vendita del cartellino di Gigio, valutato dal Milan non meno di 40/50 milioni di euro (al netto della svalutazione imposta dall’emergenza), potrebbe in parte essere reinvestito nell’acquisto di un triaro da Milan. Un triaro, un veterano, un tassello subito affidabile.
Mateo Musacchio va in scadenza nel 2021 e se la musica non cambierà nei prossimi mesi (oggi è la terza scelta del reparto) non ha alcuna intenzione di rinnovare, Simon Kjaer piace ma non convince completamente ai piani alti. Facile pensare quindi a una nuova mezza rivoluzione sognando la gloria del passato, i grandi Milan – non è un caso – sostenuti sempre da una difesa di ferro. Per un rapido rilancio tecnico sul campo, a un nuovo giovane da far crescere (per la verità c’è e risponde al nome di Matteo Gabbia) il Club potrebbe preferire un elemento di esperienza e fisicamente possente, un centralone d’altri tempi. Il vecchio caro adagio mantra di molti allenatori suona oggi più che mai attuale: in Italia vince chi ha la difesa migliore.