Con Stefano Pioli ha ritrovato un’identità tattica che con Rino Gattuso aveva snaturato. Il Milan ora attende di vedere il vero Calhanoglu, mai esploso in rossonero.
La svolta è arrivata con Rino Gattuso. La stima dell’ex tecnico del Milan era arrivata al punto che minacciò la Società di dimettersi qualora Calhanoglu fosse finito nell’organico del Lipsia, cercato con forza dal professore Ralf Rangnick. In due stagioni Rino ha responsabilizzato Calha, gli ha consegnato una maglia da titolare (36 presenze in campionato, 31 nella stagione precedente) e l’ha indirizzato lungo il binario della determinazione oggi arrivato al capolinea della conferma. Il viaggio per Hakan Calhanoglu riprenderà, come per tutto il Milan – ora di Stefano Pioli – appena superato il lockdown per l’emergenza Coronavirus.
«Tira Calha che hai i piedi per farlo, tira che demolisci la porta». Rino glielo ripeteva fino allo sfinimento. Avrebbe pagato oro quel tocco preciso quando giocava nel Milan di Ancelotti. In allenamento e in partita era un continuo ricordarglielo: «Tira!». Gli aveva trovato una collocazione tattica però non congeniale alle sue più spiccate caratteristiche tecniche. Tuttavia lì, sulla mediana, Hakan non lamentava problemi, pur nell’ombra portava a termine discretamente il suo lavoro.
Il re delle punizioni
Era arrivato al Milan nell’estate 2017 dal Bayern Leverkusen per 20 milioni di euro con un discreto bottino – il più recente – di 6 gol e 5 assist in 15 uscite nella Bundesliga e il marchio di “specialista dei calci piazzati”. In Germania, quando il direttore di gara interrompeva il gioco per fallo contro i rossoneri nei pressi dell’area, era un incubo per tutte le squadre avversarie: solo al Bayern aveva collezionati 11 reti da fermo. Da quando è arrivato al Milan la media invece si è brutalmente abbassata. In Italia Hakan ha aggiunto al proprio personale score due sole conclusioni vincenti su calcio di punizione, entrambe sotto il cielo di San Siro: la prima contro la Fiorentina il 20 maggio 2018, la seconda nel turno contro l’Hellas Verona lo scorso 2 febbraio. Numeri alla mano, è comunque nella top ten degli specialisti europei dell’ultimo decennio.
Tanti tiri, pochi gol
Resta poi il giocatore del Milan che nel corso dell’ultima stagione ha concluso più volte: 68 i tiri che portano la sua firma, in media 3,2 a partita. Il divario tra tentativi sfornati e reti segnate però è decisamente troppo ampio: solo tre gol quest’anno per lui lo inquadrano come uno dei rossoneri nella concretezza meno pericolosi in fase offensiva. Hakan tira, ci ha provato quasi sempre da lontano, ma spesso senza adottare una giusta coordinazione. E senza troppa convinzione. Pioli ne ha individuato fin da subito le abilità e il carattere (e un lavoratore instancabile dicono), ma anche la determinazione trasferita da Rino nel provarci, ben mostrata sui campi di allenamento durante la settimana. Così, il tecnico ne ha avanzato il raggio d’azione, come peraltro dallo stesso Calha più volte richiesto in passato, e l’ha messo al centro del suo Milan offrendogli una maglia sulla trequarti alle spalle delle punte. Il resto lo ha fatto Ibra, motivatore del gruppo.
Il Milan di Calha
Più prossimo all’atea Hakan rende meglio. La svolta tattica dei rossoneri di inizio 2020 porta anche la sua firma. Con quella di Rebic, Ibrahimovic e Theo Hernandez. Alla ripresa toccherà ancora a lui fare da raccordo tra centrocampo e attacco, provare a ispirare Zlatan in profondità e tirare, tirare e tirare, non smettere di calciare verso lo specchio. «Tira che hai i piedi per farlo» le parole di Gattuso riecheggiano nella sua mente. Non è un caso che per il Milan del futuro si stia parlando con convinzione di una sua conferma a Milanello. E non solo perché questa volta – forse – Rangnick potrà allenarlo per davvero. Con buona pace di Rino.