Quando si parla di Shevchenko il primo frame che passa nella testa di ogni milanista che si rispetti riguarda la notte di Manchester, quando il Milan salì per la sesta volta sul tetto d’Europa. Il 28 maggio 2003 è una di quella date il cui ricordo divampa ancora nel cuore di tutti i tifosi del Milan. Il tempo non scolorisce i ricordi, non sopisce le emozioni esplose dopo aver visto il pallone calciato da Shevchenko baciare la rete difesa da Buffon. Una partita eterna, infinita, vissuta in un ideologico ottovolante di emozioni, una montagna russa dall’esito incerto. Tutti di quella sera ricordano gli occhi di Sheva prima che calciasse il rigore decisivo.
Tutti ricordano quanto il cuore abbia battuto in gola prima di poter sfogare tutte le tossine accumulate nel corso della partita. Shevchenko arrivò su quel dischetto con tutto il peso di una stagione al di sotto dei propri standard realizzativi. Pochi gol per lui ma distribuiti nei momenti in cui avrebbero contato di più. È dell’ucraino il gol decisivo nella semifinale contro l’Inter. Sempre suo sarà quello risolutore nella finale di Manchester. Negli occhi di Sheva, In quella lunga attesa sul dischetto, c’era tutto questo ma anche qualcosa di più.
Milan history, quegli occhi della tigre di Shevchenko a Manchester…
C’era la voglia di riscatto, di alzare la coppa più ambita a livello di club, c’era la voglia di stringere la mano al destino è farsi guidare da esso verso l’Olimpo rossonero. Quel movimento della testa, al limite dell’ossessivo, quella voglia ardente di non attendere il fischio arbitrale e scatenare in porta la tensione, come per liberarsi da quel peso così gravoso. Come in un moderno “boomerang”, Shevchenko ripete più volte lo stesso movimento. L’arbitro fischia e tutta l’attesa si scioglie, evapora, in dolcissimi frame di puro godimento.
Palla da una parte, portiere dall’altra. Gli occhi dell’ucraino esplodono di gioia in una corsa liberatoria che terminerà tra le braccia di Dida, anch’egli grande eroe della serata capace di stregare in più occasioni i rigoristi juventini. È l’apoteosi, sia a Manchester che in Italia. Adesso i protagonisti non sono più gli occhi di Sheva ma quelli dei tifosi. Commossi e persi nel rivedere il proprio Milan incoronato, dopo anni, campione d’Europa. Siamo sicuri che anche gli occhi di Shevchenko quella notte si siano bagnati della gioia di un trionfo che, dopo 20 anni, ancora culla nel proprio cuore.