Nel suo libro “Smile” l’attaccante del Milan Rafael Leao ha parlato del tema del razzismo: l’Italia non è razzista ma…
Rafael Leao ha denunciato attraverso il suo profilo Instagram gli insulti razzisti da parte di un tifoso rossonero. Dopo il caso Maignan, quindi, il Milan e il mondo del calcio si ritrovano per la seconda volta a dover parlare di razzismo. L’attaccante portoghese nel suo libro “Smile” aveva già parlato a lungo dell’argomento, esprimendo in maniera cara la sua posizione:
A Udine, il 20 gennaio scorso, hanno insultato con un gergo razzista il mio amico e compagno di squadra Mike. Un fatto assurdo e gravissimo. E anche quando ho visto Lukaku essere ammonito dopo aver festeggiato in faccia ai tifosi razzisti della squadra avversaria mi sono arrabbiato tantissimo. Se un calciatore viene continuamente bersagliato e si permette di esultare in maniera reattiva rispetto a quei tifosi, l’arbitro cosa fa? Lo sanziona? È una cosa che non ha senso, e anzi non fa altro che contribuire ulteriormente a un clima già abbastanza esasperato. Giustifica quei pazzi che pensano che al giorno d’oggi si possa ancora vivere in questo modo. Accadde la stessa cosa a Zlatan, nel 2021, sempre contro la Roma, dopo essere stato insultato per tutta la partita con una parola incredibilmente fastidiosa anche da ripetere. Esultò e l’arbitro lo ammonì.
Il tema del razzismo all’interno degli stadi italiani è ancora all’ordine del giorno, con le istituzioni che faticano a trovare una soluzione concreta al problema:
Non credo che l’Italia sia un Paese razzista, in questa nazione sono diventato un uomo, un grande calciatore e un professionista. Ma credo che le istituzioni sportive siano ancora molto indietro, e questo accade anche in tutto il resto dell’Europa. Spostare continuamente la responsabilità sul soggetto, chiedersi: ‘Lui cosa ha fatto per provocare?’ è il miglior assist possibile che si possa fare a un razzista. È successo al mio amico Mike e a Moise, prima ancora a Balotelli e continuerà a succedere fino a quando non sapremo cosa fare per fermarli. Siamo in una posizione privilegiata, siamo famosi, e anche i razzisti vengono a chiederci le foto. Ma non tutti possono, non tutti hanno la corazza della fama a proteggerli. A quelle persone non basta il sorriso di Rafael Leão. Gli serve qualcosa di più, e gli serve adesso
Milan, Leao: l’Italia non è razzista ma le istituzioni sono indietro
Milan, Rafael Leao: l’Italia non è razzista ma…
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Quanto successo a Maignan prima e a Leao poi non può essere accettabile. Il Milan si è subito schierato al fianco dei suoi giocatori ma non basta. Purtroppo all’interno degli stadi il razzismo è ancora una piaga difficile da battere ma come suggerito dallo stesso portoghese sono le istituzioni a dover fare qualcosa in più. Non basta un sorriso per mettere fine a tutto questo: servono norme precise e pene concrete.




