Il lockdown ha riavvicinato Lucas Paquetà al suo Brasile e nel mentre è diventato papà. L’uomo è cresciuto e oggi è più sereno, ma il calciatore deve ancora ritrovarsi. Pioli spera nella rinascita del terzo giocatore più costoso dell’Era Elliott: potrebbe essere la chiave per proseguire la sua storia in rossonero.
Il rebus è irrisolto e nemmeno il cambio dell’allenatore è servito a fare passi avanti. Lucas Paquetà a Milanello resta un misterioso rompicapo. Sul futuro del brasiliano il Fondo Elliott ha fatto esplicita richiesta a Gazidis, un diktat che il CEO inglese conosce molto bene; valeva anche per Krzysztof Piatek: il “Piano A” lanciato in estate era ed è provare a recuperare il giocatore in tutti i modi, quello “B” cedere il suo cartellino al miglior offerente. Piatek a gennaio si è trasferito all’Hertha Berlino, in Bundesliga, e il club tedesco sul piatto ha messo la bellezza di 27 milioni di euro. Un anno prima il polacco era stato pagato dal Milan 35 milioni, finiti nelle casse del Genoa, il suo addio 12 mesi più tardi ha fatto registrare in Via Aldo Rossi un’insperata plusvalenza, seppur contenuta. Insomma, è andata bene.
Il verde(oro) non brilla
Con Paquetà il quadro sembra decisamente più complesso. 38,4 milioni di euro sborsati vennero investiti dal Milan per prelevarlo dalla rosa del Flamengo: è il terzo giocatore della storia del Club più caro di tutti i tempi, l’acquisto più esoso da quando il fondo della famiglia Singer ha preso il controllo a Casa Milan. Una responsabilità che pesa tantissimo sulle spalle di Lucas: archiviati cinque mesi di letargo (un solo gol contro il Cagliari dopo quaranta giorni dal suo esordio) con il cambio di stagione ha provato invano a ritrovarsi, chiamato a “battere un colpo” e a offrire al Milan le qualità che ancora dalle parti di Milanello non erano esplose. Dicevano di lui che sarebbe potuto diventare il “nuovo Kakà”. I due, sangue verdeoro, si assomigliano nello scatto sul breve e nella fisionomia, ma hanno anche caratteristiche diverse: Kakà aveva un talento fuori dal comune, Paquetà è un brasiliano atipico, abbina qualità e quantità, ha la stoffa anche per essere determinante in fase di interdizione, poi che non sia entrato pienamente nel ruolo dal suo approdo a Carnago è tutto un altro capitolo. Connesso a motivazioni in parte coperte da una nebbia di mistero.
Da Giampaolo a Pioli, caduta in picchiata
Con Giampaolo l’esperimento dietro la punta insieme a Suso è durato il tempo di una stagione su Netflix, con tanto di finale in sospeso. Il tecnico di Bellinzona lo voleva meno brasiliano: «Ha talento e può diventare una grande mezzala; deve essere disciplinato e imparare, però, a essere più concreto». Lucas invece si è sempre visto sulla trequarti, libero di creare e divertirsi e non lo ha mai nascosto a suon di messaggi sibillini su Instagram, arrivando quasi allo scontro con l’ex tecnico di Empoli e Sampdoria. Con Giampaolo fu impegnato a ritmo altalenante, mai una partita giocata dal primo all’ultimo minuto. Poi un problema alla coscia l’ha costretto a saltare Torino e Fiorentina e ha peggiorato la situazione. Con Pioli sembrava che le cose potessero andare meglio, l’assist che firmò a Genova (match che costò la panchina proprio a Giampaolo) gli aprì una promozione sul campo che però non è riuscito a sfruttare a dovere. Per la verità non tutto il Milan ha girato come avrebbe voluto Pioli. Da dicembre infine il black-out: ancora meno minuti in campo di quanti ne aveva collezionati a inizio stagione. Lucas non è mai risultato decisivo, mai sopra la sufficienza.
Un rebus irrisolto
Cosa blocchi Paquetà dal mostrare il suo talento resta un rebus. Si è scritto e parlato molto in questi mesi: non si è adattato al meglio all’atmosfera di Milanello, a quella tattica di Gattuso prima, Giampaolo e Pioli poi, non ama la Città, non riesce a gestire la pressione, non parla con i compagni di squadra, soffre di crisi d’ansia. Dopo due panchine consecutive vissute malamente aveva addirittura chiesto a Pioli di escluderlo dalla lista dei convocati per la trasferta di Brescia. È avanzata l’ipotesi di un problema nostalgico, legato al suo Brasile e a uno stile di vita che a Milano ha sfumature molto diverse da quello carioca (Lucas è originario di Rio de Janeiro). Ora però che il momento tragico segnato dal lockdown gli ha permesso di rientrare a casa per alcune settimane, il blocco sentimentale potrebbe essere superato. Sempre che sia proprio questa la principale causa scatenante la crisi in rossonero.
Il sorriso ritrovato
E poi Lucas da qualche giorno è diventato papà del piccolo Benicio, un evento che ha illuminato la sua vita di uomo e gli ha trasmesso nuova energia, una spinta e un grado di serenità che in Italia non aveva mai raggiunto. Col sorriso, al rientro a Milano nei prossimi giorni potrebbe essere un Lucas Paquetà rinato. Pioli e i suoi collaboratori lo hanno seguito a distanza, i colloqui individuali non sono mai mancati in questo periodo di isolamento. Il Club valuta spiragli sul mercato alla ricerca di un affare oggi quasi impossibile (non è affatto facile inseguire una plusvalenza come avvenne con Kris Piatek), ma all’interno dello staff tecnico, dopo le ultime videoconference con tanto di sorrisi inediti, cresce di nuovo la voglia di provarci. Il Coronavirus ha spento il mondo e adesso potrebbe mischiare le carte su molti tavoli. Quei sorrisi, domani, Lucas potrebbe ritrovarli anche a Milanello. Pioli il normalizzatore ci spera: Rangnick avanza nell’ombra, nuovi volti indefiniti vagano all’orizzonte, ma se in tredici partite ancora a disposizione, più l’eventuale coda della Coppa Italia, riuscisse a risolvere il grande rebus del Milan di Elliott, la sua conferma alla guida tecnica registrerebbe un’improvvisa impennata.