Leggende Milan: Arrigo e Zac, uno non potrà mai essere considerato rivoluzionario; l’altro è stato semplicemente l’utopia in carne e ossa. 1974, Berlino: Germania Ovest. Si sta giocando la finale del Mondiale tra i tedeschi (dell’ovest, perché siamo a metà anni settanta e il muro non è ancora stato abbattuto) e l’Olanda del Giotto coi tacchetti Johan Crujiff. Ad assistere alla partita in tribuna, in mezzo a giganti del calcio come Di Stefano, c’è anche un emiliano all’apparenza silenzioso e sconosciuto…per il momento. Ma perché è lì?
Suo padre è il famoso calzolaio di Fusignano, vende le scarpe assieme al figlio in giro per l’Europa (e che scarpe). Questo ragazzo, una volta sentita un’ordinazione proveniente dalla capitale berlinese, ha colto la palla al balzo. È senza lavoro sì, ma ha un’intelligenza fuori dal comune per i ragazzi della sua età. È un malato di calcio, ha anche giocato con scialbi risultati nella squadra del paese, e sogna di fare l’allenatore (nella sua testa sa già che ci riuscirà).
Tifa (e per “tifa” si intende che vede solo quello) per l’Inter di Herrera, com’è strano il destino… Però odia quel tipo di calcio, non gli piace fare catenaccio, è innamorato degli schemi tattici di Rinuld Michels per questo è a Berlino a tifare Olanda. Gli orange portano la linea difensiva avanti di almeno quindici metri, se il portiere non sa giocare coi piedi hai perso in partenza. Il ragazzo prende quaderno, penna e si appunta tutto…quella pagina gli tornerà utile.
Due storie diverse. Uno non potrà mai essere considerato rivoluzionario ma verrà per sempre ricordato nella storia del Milan. L’altro è stato semplicemente l’utopia in carne e ossa.
Milan, Arrigo e Zac: due leggende che non tramonteranno mai
L’Olanda perde, ma è vedendo i calciatori festeggiare lo stesso coi propri tifosi che il ragazzo capisce tutto. Non è importante il risultato, è importante COME arrivi a fare risultato. E anche un secondo posto, se ottenuto giocando alla pari, è un ottimo risultato. Anche questo lo metterà in pratica circa vent’anni dopo sotto quaranta gradi nel cuore degli States.
È stata l’unica persona che ha rivoluzionato il calcio anche in Italia, la prima invenzione di Silvio Berlusconi. L’unica che il nostro Paese l’ha anche diviso. “Un rivoluzionario”, “però ha vinto solo perché aveva dei fenomeni in squadra”, “un profeta”, “però era anche un pazzo”, “ci ha fatto perdere la finale col Brasile!”…”però in finale col Brasile ti ci ha anche portato”.
Un ossessionato che – questo l’ha detto sua figlia in un’intervista – sovrapponeva il pallone alla vita e forse aveva anche ragione, viene naturale anche a noi alcune volte. Un’altra mentalità, anni luce avanti a tutti, l’utopia in persona.
Quel ragazzo interista sfegatato si chiamava Arrigo, Arrigo Sacchi e il resto è storia. Oggi compie 74 primavere. Buon compleanno Mister!
Per fare gli auguri all’altro allenatore invece, preferiremmo raccontare solo le ultime settimane della stagione 1998/’99, che per molti tifosi è stata la resilienza delle passate stagioni negative. Mancano sette partite alla fine del campionato e il Milan è terzo a quota 49 punti, a meno uno dalla Fiorentina e a meno 7 dalla Lazio. Serve un miracolo.
Il miracolo lo compirà Alberto Zaccheroni, il tecnico del Club. I rossoneri le vincono tutte, la Lazio non regge e all’ultima il diavolo va a Perugia con un punto di vantaggio. Soffrirà e non poco, venendo salvato da quello che doveva essere il secondo portiere ma diventerà presto uno dei migliori della storia rossonera. Si vince 2-1, anche i biancocelesti portano a casa i 3 punti ma è inutile. Quello resterà per sempre lo scudetto di Zaccheroni. Perché a Perugia c’è che gli scudetti li perde, ma c’è anche chi gli scudetti li vince.
Tanti auguri anche a te Zac!




