Giampaolo-Milan: siamo già ai titoli di coda.
Sono passati soltanto quattro mesi dall’annuncio ufficiale di Marco Giampaolo al Milan. Ma dopo un avvio di stagione piuttosto deludente, l’avventura del tecnico di Bellinzona sulla panchina dei rossoneri è arrivata già ai titoli di coda. Il tecnico abruzzese aveva chiesto tempo ma, partita dopo partita, la squadra non migliorava anzi, sembrava peggiorare sempre di più. Numeri piuttosto impietosi in queste prime sette giornate: tre vittorie e ben quattro sconfitte; sei goal fatti (tre su rigore) e nove reti subite. Nemmeno la vittoria, parecchio sofferta, di sabato ha salvato la panchina di Giampaolo. Ma quali sono i capi di accusa che gli vengono attribuiti?
GIAMPAOLO VICINO ALL’ESONERO: I MOTIVI
Partiamo dalla prima conferenza stampa da neo allenatore del Milan: il motto era «testa alta e giocare a calcio», in contrapposizione alla filosofia di Conte ovvero «testa bassa e pedalare». Dopo tre mesi, però, la squadra, tolto il primo tempo contro il Torino, non ha fatto minimamente tesoro di quelle parole. Che la rosa non sia all’altezza di certi obiettivi non si può negare, ma l’ambiente milanista sperava di vedere quella filosofia di calcio che era stata promessa da Giampaolo, senza nessuna pretesa. Ma non si è verificato nulla di tutto questo, si è vista solamente tanta confusione nelle scelte e nella mentalità di tutto il gruppo.
La mancanza di gioco, dunque, è la naturale conseguenza di non aver portato avanti le proprie idee. Giampaolo aveva in mente il 4-3-1-2 con Suso trequartista, provato nelle amichevoli estive con discreti risultati. La gara di Udine, però, ha messo in evidenza i limiti tecnico-tattici dello spagnolo e di altri interpreti fuori ruolo. Ma davvero è bastata una sola partita per mandare all’aria un intero lavoro? Così, il tecnico abruzzese ha resettato lo schema gattusiano, ma il risultato si è rivelato comunque disastroso. In questi tre mesi di Milan, dunque, Giampaolo non ha avuto fiducia nelle sue idee, ritrovandosi con tanti dubbi per la testa e nessuna certezza.
La Società, inoltre, non vede di buon occhio lo scarso utilizzo dei nuovi. Quest’estate, la dirigenza ha speso troppi milioni di euro (che si potevano utilizzare decisamente meglio), per provare a rinforzare una rosa che la scorsa stagione è arrivata a un punto dalla Champions. Leao e Theo Hernandez si sono dimostrati due acquisti azzeccati, Bennacer e Duarte devono ancora maturare, mentre Rebic e Krunic sono tuttora oggetti misteriosi.
Dopo novanta giorni, quindi, il Milan di Giampaolo non ha cavato un ragno dal buco. E dopo sette giornate di Serie A, i rossoneri non hanno né un’identità di gioco, né un’identità di squadra. Sembrano un gruppo di giocatori che si ritrovano a giocare insieme, pochi minuti prima di una partita, senza nemmeno conoscersi. Il cambio di panchina, nella pausa delle nazionali, è la scelta migliore per tutti. E intanto l’ombra di Luciano Spalletti si fa sempre più vicina.