L’eco assordante della stracittadina di Milano non accenna a spegnersi, cosi come i dibattiti sulle ragioni che hanno consegnato il quinto derby consecutivo all’Inter. Come facilmente è intuibile le motivazioni di una debacle di tale portata ( 49 anni fa l’ultima volta che l’Inter realizzò 5 reti contro il Milan, ndr ) sono molteplici e non possono essere imputate esclusivamente ad un singolo giocatore. La sconfitta è prima di tutto di natura tattica e, solo successivamente, di natura individuale. Il reparto apparso più in sofferenza è proprio il centrocampo che nelle prime tre uscite stagionali era stato invece incantevole serbatoio di idee, verticalizzazioni e fraseggi tali da impreziosire di senso estetico le tre vittorie conseguite e, logica conseguenza, animare i tifosi di speranze ed aspettative.
I numeri sono spesso l’esatto riflesso di quanto i valori in campo esprimono all’interno della partita e, analizzando quelli di Inter-Milan, balza subito all’occhio che i punti dolenti siano stati due: il centrocampo e la manovra. Il Milan chiude il primo tempo con un notevole possesso palla che sfiora quasi il 70% ma, di contraltare, è l’Inter a condurre il match con doppio vantaggio a referto. Pioli chiede a Calabria di accentrarsi, in fase di uscita dalla retroguardia, al centrocampo con l’idea di colmare il gap numerico con la linea mediana di Inzaghi che ne schiera cinque. Il problema però non è numerico, ma è la qualità del palleggio che latita e che viene disinnescata dai centrocampisti neroazzurri con fisicità e marcatura asfissiante. Sarebbe servito maggiore dinamismo, un possesso palla rapido ed elusivo per gli avversari tale da liberare le due ali rossonere. La partita di Pulisic è stata incolore,a tratti fuori dalla manovra e dal gioco. Gli stessi Reijnders e Loftus Cheek poco efficaci e produttivi perché “ingabbiati” in una morsa stretta che solo una circolazione palla rapida avrebbe potuto spezzare.
Le responsabilità di Pioli sono evidenti perché il Milan perde il quinto derby consecutivo nel 2023 in pratica allo stesso modo. Quattro dei cinque gol incassati dall’incolpevole Maignan nascono da ripartenze fulminee in campo aperto, dove i giocatore del Milan sono costretti a rincorrere gli avversari senza però mai raggiungerli. I dati, ancora una volta, confermano questa impressione. Nel primo tempo difatti Il Milan ha un’altezza di baricentro media a quasi 53 metri e, in fase di possesso, si spinge fino quasi a sfiorare i 60 metri. Questi dati potrebbero far pensare ad una squadra che vuole azzannare partita ed avversario, in realtà sono la trappola in cui Pioli cade e con esso tutto il Milan. Inzaghi, più attendista, sceglie un atteggiamento di contenimento e ripartenza veloce a “fisarmonica” ottenendo il massimo risultato possibile. Coadiuvati sempre dai numeri notiamo infatti che, nonostante il baricentro alto, il Milan ha una maggiore lunghezza di squadra, superiore sensibilmente a quella dell’Inter e che ha contribuito in modo netto alla sconfitta. Tradotto in parole semplici, i rossoneri si sono spinti in avanti senza un reale movimento corale di squadra, schiantandosi contro un muro che non ha fatto nemmeno troppa fatica a rintuzzare le sterili folate offensive avversarie. L’idea di giocare alti, onestamente anche lodevole a livello teorico, è stata nei fatti disastrosa perché ha esposto ad esempio Thiaw almeno ad un paio uno contro uno con Thuram dall’esito ben noto a tutti. Anche Sacchi si scaglia contro le scelte di Pioli, non salvando nulla di come abbia preparato la partita e di come poi l’abbia sviluppata in campo.
Molti tifosi non hanno gradito la modalità con cui è arrivata questa sconfitta, soprattutto per la reiterazione di errori ed atteggiamenti uguali ai precedenti avuti contro l’Inter e che hanno, questa volta in modo profondo, lasciato amarezza e delusione a tutti i tifosi che speravano di non assistere al medesimo copione horror contro i cugini.