Dall’esordio a 16 anni a quel soprannome che non gli è mai piaciuto, passando per le meraviglie di Francoforte e il flop al Real. Viaggio nella carriera di Luka Jovic, il talento serbo che potrebbe approdare al Milan.
Jovic Milan acquisto – L’infanzia della famiglia segnata dalla guerra jugoslava
Luka Jovic e la sua famiglia faticarono moltissimo per raggiungere i successi ottenuti negli ultimi anni. Pensare che anche il padre fu un ex calciatore. Il suo nome? Milan, un segno del destino forse. Milan Jovic giocò nei serbi del Partizan Belgrado, ma con un problema. Milan non è un nome serbo, è bosniaco e il nostro racconto ha inizio nei primi anni Novanta: alle porte, la dissoluzione jugoslava. Se fate “due più due” potrete facilmente capire che Milan Jovic non fu visto di buon occhio dentro quella squadra. Durante la guerra (o se preferite durante il genocidio), Milan conobbe Svetlana e passato quel brutto periodo i due diedero alla luce un bambino. Nacque due giorni prima di Natale a Batar, un paese in provincia di Bijeljina. Sul calendario il 1997. Luka Jovic. Potete anche immaginare come fu difficile per le famiglie jugoslave crescere i propri figli nella fine del ventesimo secolo: per Luka pochi giochi, solo un pallone semi-sgonfio e tutt’attorno i racconti delle piccole imprese calcistiche del padre. Fu forse questa la sua fortuna: un genitore con le sue stesse passioni e che fece di tutto per fargliele coltivare al massimo.
Jovic Milan acquisto – Le notti in macchina per inseguire un sogno
La famiglia Jovic acquisì stabilmente la cittadinanza serba e il piccolo Luka continuò a sognare in grande pur avendo pochissimo. Il ragazzino fece esordio in una squadra nella periferia di Belgrado, ma le condizioni economiche precarie della famiglia impedirono a lui e ai suoi genitori di fermarsi a dormire nell’albergo della Città messo a disposizione dal Club. Così, parcheggiarono davanti allo stadio con coperte e cuscini e passarono la notte prima della partita in auto. La famiglia Jovic avrebbe potuto scegliere di arrendersi ma non lo fece. I suoi genitori fecero di tutto per aiutarlo, ed è certamente merito loro se oggi Luka è finito nel mirino di una squadra sette volte campione d’Europa (che tra le altre cose a Belgrado giocò una partita storica). Uno sforzo ripagato subito dal ragazzo, che dopo quell’occasione ricevette il primo stipendio pari a 50 euro a partita più 20 euro per le spese del viaggio. La sua carriera decollò in rampa di lancio: la Stella Rossa, club rivale dell’ex squadra del padre, decise di puntare su di lui.
Jovic Milan acquisto – Minacce di morte e primi record
Nella Capitale la crescita fu vertiginosa. Esordì in maglia biancorossa a sedici anni, segnando subito e infrangendo il primo record di marcatore più giovane del Club, battendo quello di Dejan Stankovic, in una delle ultime partite del campionato serbo del 2014. Una data che Luka ha oggi scritta su tutti i suoi scarpini: un ricordo indelebile. Il suo nome cominciò a circolare lungo la nazione, forse anche troppo. L’anno dopo subì continue minacce e ricatti: “Una parte del tuo stipendio o ti gambizziamo”. Il padre fu costretto a chiamare le forze dell’ordine e gli sgozzini finirono in galera. Vivere in Serbia da calciatore diventò molto complicato per il ragazzo e la sua famiglia.
Quel soprannome mai amato e l’addio alla Serbia
Gli diedero il soprannome di “Piccolo Falcao”, come l’attaccante colombiano, in quel periodo uno dei più forti in circolazione. Dal suo canto, Luka continuò a segnare a raffica. Questo nomignolo però non è gli mai piaciuto: «Tutti iniziarono ad aspettarsi almeno tre gol a partita, non sono stato bene» dirà. La situazione diventò pian piano insopportabile… «Ti vuole il Benfica, ci sanno fare coi giovani talenti come te, poi Lisbona è bella. Io ci farei un pensierino Luka» gli propose il padre. «Okay, andiamo» rispose Luka coi soliti modi diretti e sintetici dei serbi.
Da Lisbona a Francoforte
L’esperienza portoghese, più prossima ai nostri tempi, è stata peggiore di quella precedente. Luka si è trovato solo, senza conoscere la lingua, senza amici e lontano dalla famiglia, rimasta a Belgrado. In quel contesto per lui inedito è arrivata la proposta che l’ha messo definitivamente in luce, sotto i riflettori di tutta Europa: all’Eintracht c’era un progetto interessante e lo volevano in Bundesliga. Luka ha accettato; in Germania è riuscito a dimostrare le sue potenzialità. Ha creato un forte legame d’amicizia con Ante Rebic, segnato e stupito tutta Francoforte. Ha vinto la coppa di Germania il primo anno, segnando nove gol e fornendo quattro assist in campionato. Il secondo anno è esploso completamente. Si è messo in mostra anche all’estero, protagonista assoluto del Club in Europa League. Negli occhi del “Piccolo Falcao” stava brillando il definitivo salto di qualità… Era giunto il momento, o quasi. Da Madrid stavano per arrivare 65 milioni di motivi per crederci.
65 milioni di…flop, chi è davvero Luka Jovic?
Purtroppo però per chiunque faccia capolino ai vertici in Spagna, così come Luka, Madrid è una piazza troppo esigente. Il prezzo sborsato dai blancos per il suo cartellino ha pesato subito come un macigno. Quei 65 milioni di motivi si sono trasformati presto in 65 milioni di flop: ha segnato appena due gol in Liga, troppo pochi per continuare la propria esperienza spagnola. Ora che l’attaccante sembra essere finito sui radar del Milan, la domanda sorge spontanea: ma chi è davvero Luka Jovic? È il ragazzo caparbio della periferia di Belgrado che fa di tutto per essere un grande giocatore, oppure quello che non riesce a gestire le pressioni di Lisbona e Madrid? Sarà sicuramente il campo a rispondere a queste domande, certamente stiamo parlando di un attaccante giovane che in Germania ha incantato tutti, ma dinnanzi al salto di qualità non ha mai sfondato. Eppure le chance sono state molteplici. Sicuramente per Luka il Milan sarebbe una tappa prestigiosa per la sua carriera, oltre che una gioia indescrivibile per mamma e papà. Quei genitori che si fecero duecento chilometri di strada e si fermarono a dormire in macchina pur di inseguire il sogno del figlio. Una storia particolare la sua e che emoziona. Il “Piccolo Falcao” adesso spera davvero di diventare finalmente grande.