Non è un caso: il Milan senza Ruben Loftus-Cheek, bloccato oltre un mese in infermeria (per un evento distrattivo di grado lieve in regione pubo-adduttoria), ha collezionato una sola vittoria, contro il Genoa allo stadio di Marassi, poi due pareggi (Borussia Dortmund e Napoli) e due sconfitte (Juventus e Paris Saint-Germain). Sia chiaro, non che con Rubs il Diavolo non abbia mai perso – è rientrato contro l’Udinese e i rossoneri sono andati ko, e anche la sera delle cinque sberle dell’Inter nel derby l’inglese era in campo – ma un fatto è certamente assodato: con l’ex Chelsea in mezzo al campo il Diavolo, se non crolla in ogni reparto, ha una solidità e un equilibrio diversi, da grande squadra. Loftus (o Lotus, come la monoposto di Formula Uno, rivisitazione del nome proposta dalla Gazzetta dopo la maestosa prova dell’inglese contro il PSG) è un elemento indispensabile per il gioco che intende esprimere il nuovo Milan.
Ne è convinto anche Stefano Borghi, giornalista e voce di DAZN: «Loftus-Cheek permette a Pioli di giocare con i tre centrocampisti ma di avere un due più uno – ha spiegato a Cronache di Spogliatoio -. Anche con il PSG, Musah e Reijnders si mettevano quasi in linea come due mediani e Loftus-Cheek diventava il trequartista che ti soffoca la fonte di gioco avversaria e che ti dà una fisicità incontenibile nel momento in cui trovi gli spazi per poter correre».
«Per il Milan, che è una squadra tecnica, offensiva e che cerca sempre chili e centimetri, Loftus-Cheek ti fa tutta la differenza del mondo – ha aggiunto Borghi -. Guarda caso il momento di buio dei rossoneri arriva nel momento in cui l’inglese non c’è: è forse il più indispensabile per le caratteristiche di questa rosa e per il calcio che porta questa rosa a esprimersi al meglio».