1985, Paolo Maldini (16 anni) fa il suo esordio al Friuli in maglia numero 14. E proprio 14 anni dopo il Milan di Boban, Weah e Bierhoff schianta l’Udinese e si lancia verso il 16° scudetto. Per Zorro è il giorno della prima doppietta in rossonero.
C’è un filo magico che collega la storia, capitolo dopo capitolo, e contribuisce a fare del calcio lo sport più affascinante al mondo. Quello stesso filo ha legato per sempre Udine, lo stadio Friuli oggi Dacia Arena, Paolo Maldini (nuovo direttore tecnico dei rossoneri) e Zvone Boban (campione ieri, Chief Football Officer oggi). Ha collegato il Milan degli anni ’90 e di fine Secolo a quello di Marco Giampaolo, all’esordio in campionato domenica nella tana dei bianconeri.
A Udine, una gelida domenica di gennaio del 1985, i rossoneri sono ospiti dell’Udinese. Il match è a forte rischio proprio a causa dell’ondata di freddo rigido che ha obbligato molti commercianti in Città a mantenere abbassate le saracinesche. Nonostante la forte nevicata e i disagi, Udinese-Milan alla fine si gioca. I rossoneri di Nils Liedholm non possono contare in difesa su Mauro Tassotti, assente, e il tecnico svedese convoca in pullman per la prima volta il figlio di Cesare, il 16enne Paolo Maldini. Maglia numero 14 per lui. L’Udinese mette la testa avanti all’undicesimo minuto con Franco Selvaggi, poi, poco prima dell’intervallo Sergio Battistini va ko. A fine primo tempo Liedholm chiama vicino a sé Paolino: «Dove preferisci giocare?». «Io solitamente gioco a destra, mister». In campo, Maldini fin da subito dà ampia dimostrazione di essere un prediletto. Il Milan al 63′ pareggia i conti con Mark Hateley, ma non per meriti del figlio di Cesare. Il figlio di Cesare però si fa notare in un paio di interventi da rubare la scena, per tempismo e carattere.
Udine, quel gelido giorno di gennaio di 34 anni fa, ha segnato la vita di Paolo Maldini e quella del Milan. Così come 14 anni dopo, il 18 aprile 1999, aggiunse un piccola ma importantissima medaglia al petto a un altro milanista (pluridecorato in Italia e in Europa) oggi ai vertici del Club rossonero, Zvone Boban. Qualcuno scriverà, “uno dei pomeriggi più gloriosi dei nostri anni ’90”. A differenza di 14 anni prima, al Friuli è una domenica soleggiata, una tipica domenica di primavera. Il Milan segue in classifica a -4 la Lazio di Sven-Göran Eriksson; i biancocelesti sono in fase calante dopo nove vittorie consecutive conquistate in campionato. All’epoca, era record per la Seria A.
A Udine, davanti a 35.000 spettatori, Alberto Zaccheroni (che in Città è eroe nazionale per i suoi trascorsi sulla panchina bianconera, valsi poi la chiamata a Milanello), si gioca molte chance scudetto. La leggenda – una delle tante – narra che Silvio Berlusconi in persona pretese al sarto Zac di schierare Boban sulla trequarti dietro le punte, cambiando sistema di gioco dal 3-4-3 al 3-4-1-2. Il trequartista è sempre stato un chiodo fisso del Presidente. Ai curiosi di penna, il tecnico romagnolo preciserà poi in seguito con una punta d’orgoglio: «È vero, il Presidente lo voleva in campo, ma come esterno sinistro in un 4-4-2, come con Capello. Quella scelta fu soltanto mia». Sarà.
Dopo un avvio oggettivamente più di marca friulana, il match s’incanala su binari rossoneri. Troppo Milan (e che Milan) e l’Udinese è sottomessa al potere dei lombardi. Passano quindici minuti e Valerio Bertotto commette ingenuamente fallo di mano durante un contrasto con Oliver Bierhoff (altro ex, a differenza di Zac criticato alla vigilia); Boban va sul dischetto e castiga: 1-0 per gli ospiti. Lo 0-2 è da manuale del calcio: Weah supera da campione due avversari sulla sinistra, entra in area e di lucidità serve Zorro con un leggerissimo pallonetto, ben appostato e senza marcatori nei paraggi; il croato riceve e di prima devia con un tocco “presuntuoso” laddove nessun portiere al mondo può arrivarci. Segneranno poi Bierhoff (doppietta senza esultanza) e ancora King George; i padroni di casa il provvisorio 1-3 con Márcio Amoroso.
Quella tiepida domenica di aprile il Milan di Zac, di Bierhoff, di Weah, ma soprattutto di Zvone Boban (prima doppietta per lui in rossonero dopo sette anni dal suo arrivo) portò a Milano una gustosa e importantissima fetta di torta tricolore.