Per il Milan è un giorno speciale. Speciale come la sua frase: You belong to Jesus. Tanti auguri di buon compleanno Ricardo Kakà
Già, perché il destino lo salvò da una paralisi imminente. Avete presente la maglia bianca con la scritta “I belong to Jesus” che indossò dopo la finale col Liverpool? Certo che ce l’avete presente… Ricky quella maglia non la mise per caso.
A 18 anni fu vittima di un incidente che rischiò di troncare la sua carriera già promettente. Nella piscina dello zio picchiò la testa sul fondo e l’urto gli causò la frattura della sesta vertebra. Nel 90% dei casi questo significa sedia a rotelle a vita, nel 6% la morte e solo nel restante 4% puoi racchiudere le speranze di sopravvivere del tutto. Ma il ragazzo nato ai piedi del Cristo Redentore aveva il destino dalla sua parte, si prese quel 4% e da quel giorno non smise mai di ringraziare “Jesus”. La maglia della finale di Atene è dedicata a lui.
Poco dopo quell’episodio e le innumerevoli partite disputate nel Brasileirao approdò in Italia. «Prendiamo Kakà!» consigliarono dal Sudamerica. «Sì, mi piace. Un pensierino ce lo farei» sussurrò a bassa voce Giraudo. «Uno con un nome così non può giocare nella Juve» esclamò invece Luciano Moggi. Con una battuta non ebbe mai inizio quella che sarebbe stata una delle trattative più importanti della storia bianconera. Un affare. Meglio così.
Milan, Ricardo Kakà un campione senza tempo
Milan, you belong to Jesus: tanti auguri Ricardo Kakà
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Ricardo Izecson dos Santos Leite arrivò al Milan poco dopo il trionfo di Manchester del 2003, per la Juventus oltre al danno anche la beffa. Tra l’altro, Manchester sarà una città che tornerà nella cartina geografica della gloriosa carriera del numero 22. I primi passi italiani per Ricky arrivarono all’aeroporto di Malpensa, vestito come un nerd uscito dalle scuole dei film americani. Le battute non tardarono a sprecarsi sul nuovo acquisto di Adriano Galliani.
Il primo “Benvenuto al Milan” che si sentì dire a Milanello fu quello di Rino Gattuso, che non riuscendolo a fermare al primo contrasto in allenamento gli diede una spallata terrificante. Ricardo resistette al contrasto da rugby di Ringhio, mantenne il pallone ben incollato ai piedi e volò in porta. Gattuso lo promosse sul campo a modo suo: «Ma va***lo!».
Quell’episodio ricorda alla perfezione un Juventus-Milan in cui Kakà fece la stessa cosa con Lilian Thuram, che intervenne in scivolata nel tentativo di recuperare la sfera. L’arbitro Bertini non lasciò continuare l’azione ma interruppe la corsa di Ricky, che superato il bianconero aveva messo la porta nel mirino. Fallo e punizione per il Milan. Siamo nel 2006, in piena Calciopoli. Addirittura girò voce che il direttore di gara e il signor Moggi si chiamarono tredici volte prima di quell’incontro.
L’amore tra Kakà e i tifosi sbocciò definitivamente dopo quel gol di testa al primo derby con l’Inter, proprio su assist di Gattuso. Da quel momento la faccia del bravo ragazzo nerd si tramutò nel viso di un campione. Fece a fette tutte le squadre italiane. Ci consegnò su un piatto d’argento la settima meraviglia europea e schiacciò il Liverpool pure a Istanbul, sì esatto, anche lì.
Sotto l’ombra della Madonnina vinse pure il Pallone d’Oro, cosa si poteva chiedere di più? Forse un trattamento migliore durante la sua cessione, ma d’altronde anche gli amori più belli prima o poi finiscono. Non era umano probabilmente, un extraterrestre forse. Oppure, ancora, Ricky era qualcosa di divinamente superiore.
Tanti auguri Ricardino!