Dopo le prime due partite, di otto in programma in poco più di due settimane, il manto erboso di San Siro implora già pietà.
Duecentocinquantacinque, i minuti totali in cui il terreno di San Siro è stato utilizzato nello spazio di 24 ore. Due partite: mercoledì la finale di Supercoppa Italiana, Juventus-Inter, che ha visto vincenti i nerazzurri ai supplementari, giovedì Milan-Genoa, match valido per gli ottavi di finale di Coppa Italia, anch’esso finito al 120′, con la vittoria del Milan. Il punto è: perché si è deciso di far disputare due partite in appena due giorni sapendo che per la seconda sfida il terreno sarebbe stato in pessime condizioni? Scelta incomprensibile. Secondo le norme Uefa però il campo rispetterebbe le linee guida. Già a dicembre si erano registrate critiche riguardo al terreno: «È inadatto in questo momento – aveva detto Stefano Pioli -, ne ho parlato anche con Klopp e mi ha detto “Anfield è tutt’altra roba”».
Era possibile migliorarlo durante la pausa?
Probabilmente sì, anche se non va negato che qualcosa sia stato fatto. Serpentine riscaldate e luci fotosintetiche sono state utilizzate per restituire un po’ di verde alle zolle più rovinate del campo, anche se dopo le ultime due “battaglie” chiaramente si è tornati al punto di partenza, e il tempo resta comunque limitato (lunedì c’è Milan-Spezia). Addirittura è arrivata dagli Stati Uniti un tipo di erba più resistente al clima rigido di Milano utilizzata soprattutto sui campi da golf: il suo nome, “poa trivialis”. La speranza ora è che il manto erboso possa migliorare, anche perché il pericolo maggiore è per i giocatori, in queste condizioni a serio rischio infortuni.




