Non c’è Milan senza Paolo Maldini, custode e difensore di storia e ambizioni. RedBird parta da lui, non si faccia scappare l’occasione.
Si è frantumato il sogno, sgretolato proprio sul più bello, l’Inter è volata in finale. Il prossimo 10 giugno il Milan guarderà duellare i cugini a Istanbul contro il Manchester City. La delusione è forte e ha bisogno di tempo per essere assorbita. Tempo, però, non ce n’é, all’orizzonte manca un traguardo, IL traguardo, l’obiettivo vitale da raggiungere affinché la grande ambizione resti accesa. Arrivare quarti in campionato darebbe ossigeno alla nuova stagione, quella che dal primo luglio scriverà tutta un’altra storia.
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Ruolo: difensore
In plancia di comando Maldini vacilla. Lo danno per finito, “un dirigente in balia delle proprie incapacità”, dicono. Sbagliano tutti, chi più e chi meno nessuno ha capito la portata dell’uomo, del professionista, del milanista (soprattutto). In queste ore di forti critiche e polemiche, le più distruttive e campate per aria, serve ritrovare la strada del buonsenso. Paolo Maldini è il Milan, non stiamo qui a elencare ogni singolo perché, elementi testimoni del passato. Da generazioni la sua famiglia custodisce l’essenza del club più antico e glorioso di Milano.
Sa difenderlo Maldini il suo Milan, lo ha ampiamente dimostrato da quella volta in cui Nils Liedholm, a Udine, si girò verso la panchina e gettò in campo “il numero 4”. 20 gennaio 1985, Paolo era un solo ragazzino. Prima sul rettangolo verde scarpini ai piedi, protagonista di innumerevoli battaglie e successi, poi da qualche stagione dietro la scrivania ai piani alti.
Caro Milan resisti a questo inferno e…fidati di Maldini!
Il buio dell’Era cinese
Paolo aveva avvisato il suo Milan prima che lo tsunami cinese ne minasse le fondamenta. “Né soldi, né questione di ruolo. Mancano le premesse” scrisse su Facebook nel 2016 annunciando a tutti l’addio da quella che per decenni era stata la sua casa, la sua famiglia. Non c’è Milan senza Maldini, ma in quel momento mancavano le basi per costruire, scrisse, “un team vincente“.
Rientrato poi nel 2018 con l’approdo del fondo Elliott, si è fatto tutor di storia e desideri (solo assopiti) fino ad assumere un ruolo chiave al quarto piano di Via Aldo Rossi, la direzione dell’area tecnica. Con Paolo in plancia di comando il Milan è risorto dalle ceneri ed è tornato a brillare.
«Servono investimenti»
Ha sempre parlato con schiettezza Maldini, non si è mai tirato indietro. L’uscita (l’ultima) di martedì sera a San Siro è sembrata arrivare nelle antiche vesti di capitano. Sotto sotto, Paolo quel ruolo se lo sente addosso ancora e per noi “capitano” lo rimarrà in eterno: «Con il rispetto parlando, chi più di me capisce cosa vuol dire Milan? E quanto sia importante?» ha detto in diretta tv. Lo abbiamo ascoltato in silenzio.
Con lucidità invidiabile, pochi istanti prima aveva chiarito: «Non siamo pronti per i due fronti (campionato e Champions League, ndr), servono investimenti». Poi una precisazione: «Il Milan deve mantenere i conti in ordine (certo, giusto così), questo sarà un obbligo per tutti (giusto così) nei prossimi anni, ricordiamoci dove eravamo solo cinque anni fa».
Maldini, il Milan e la scalata dal 2018
Con RedBird il Milan farà nuovi investimenti e aumenterà le proprie entrate. Alzerà ancora l’asticella, sportiva ma non solo. Lo stadio di proprietà sarà l’elemento chiave per scalare sempre più il ranking europeo e tornare nell’Olimpo dei grandi. Guai però a farsi scappare Paolo Maldini, figura di spessore e non solo morale. Accusato di inettitudine e supponenza da un’ampia schiera di milanisti e milanologi, da quando è ai vertici del club ha raccolto oro e argento: una stagione da record – base per il successo dello scorso maggio – uno scudetto e una semifinale di Champions League dai contorni incredibili, un percorso che quest’anno ha prodotto 120 milioni di euro nelle casse del club.
Campioni da Milan
E poi: il terzino sinistro più forte al mondo (Theo Hernandez), uno dei migliori portieri degli ultimi dieci anni (Mike Maignan), il giocatore più brillante della Serie A della passata stagione (Rafa Leao), i due guerrieri inesauribili del centrocampo di Pioli finiti nel mirino della ricca Premier (lo sconosciuto Bennacer arrivato da un Empoli sprofondato in B e Sandro Tonali, strappato all’Inter nel 2020)… Insomma, sotto la gestione di Paolo Maldini i grandi colpi, pronti all’uso o costruiti nel tempo non sono mai mancati. E invece…
CDK, è ora di finirla!
Scottati dalla forte delusione delle ultime settimane, i soliti moralisti e sapientoni, allenatori la domenica, direttori sportivi il lunedì, milanisti e milanologi di ogni salsa, oggi parlano, sparlano, scrivono e commentano solo e soltanto di un tema: Charles De Ketelaere, la grande delusione, l’errore più grave che Paolo potesse mai commettere. Giusto per ricordare a chi soffre di memoria facilmente volatile: sull’ex Bruges, la cui ultima parola spenderemo solo conclusa la prossima stagione, in estate (dietro a Maldini!) c’era la coda.
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