Facile, decisamente troppo facile salire e scendere dal carro dei vincitori come se ci si trovasse in una domenica di svago al luna park. L’equilibrio è caratteristica non frequente tra i tifosi che troppo spesso vengono travolti dall’istintività emotiva del singolo risultato.
Il Milan ha dato il via quest’estate ad una vera e propria rivoluzione di pensiero societario, di sguardo e ricerca per scrivere nuove pagine di storia da consegnare agli almanacchi e alla stanza dei trofei. Occorreva avere coraggio, avere anche la durezza di estirpare ciò che fino a quel momento era caro ai tifosi. Una rivoluzione passa sempre da un cinico azzeramento di ogni ordine sociale e gerarchico per poter così, da zero e con nuovo slancio, riproporsi con rinnovate ambizioni. Il mercato ha portato in dote un notevole upgrade tecnico. Il duo Furlani e Moncada, spinto economicamente dalla vendita milionaria di Tonali, è riuscito ad acquisire con lodevole velocità e pertinenza gran parte di quei giocatori che si era prefissato di acquistare. Giocatori duttili, scelti in stretta collaborazione con il tecnico sempre più parte in causa del progetto. L’idea è chiara, il percorso è tracciato così come la direzione che la proprietà vuole seguire. Ciò che ne è scaturito è un progetto assolutamente esaltante, stimolante e tremendamente intrigante per permettere possa essere scalfito da una sconfitta, seppur molto pesante nel punteggio come quella rimediata contro l’Inter.
Sicuramente le prime uscite stagionali hanno dipinto un quadro che, per logica e tempi, non può essere ancora considerato finito. Le pennellate di Reijnders, il dinamismo di Loftus Cheek e le zampate da bomber di razza di Giroud hanno illuso che l’opera ideata da società e tecnico fosse completa, già pronta per vincere e ribaltare la geografia della Serie A. Così non è ma è questione di tempo, solo questione di tempo. Quando ci siamo stropicciati gli occhi dinanzi al portamento elegante dell’olandese o dinanzi all’impeto di classe e muscoli dell’inglese, non stavamo sognando. Non eravamo spettatori di qualcosa di astratto, ma era qualcosa di incredibilmente reale e che nel tempo, con la giusta fiducia, potremo ammirare sempre con più continuità. questo perché i valori della rosa del Milan sono decisamente alti, così come quelli della panchina mai stata negli ultimi anni cosi qualitativa come quella di quest’anno.
Non è produttivo e collaborativo avviare “crociate” di natura personale, siano esse dirette ai calciatori o al mister. La linea societaria è chiara, evidente e la si evince da scelte che non lasciano dubbi alle interpretazioni. Il numero uno rossonero negli ultimi mesi ha seguito molto più da vicino la squadra, interessandosi forse come non mai al progetto che sta costruendo pezzo dopo pezzo. Progetto che fonda le proprie radici in un terreno nuovo e sano, l’ideale per dare vera continuità ad un progetto oltre che ad un investimento. E’ doveroso dunque concedere il giusto tempo a questa squadra di sbocciare, di poter far fiorire un’idea fresca e rivoluzionaria, in cui si sposano gli interessi doverosi di bilancio e i risultati sportivi. Le due cose devono necessariamente andare a braccetto perché rappresentano le fondamenta sui cui costruire ogni possibile progetto.
Anche Pioli, in tutto questo, merita che ci sia maggiore pazienza attorno alla sua figura. Non solo perché per il glorioso passato, lo scudetto vinto, ma soprattutto perché per descrivere le prestazioni della sua squadra nelle prime tre uscite abbiamo sprecato ogni aggettivo possibile. La vittoria di Bologna e quella di Roma non sono casuali, sono testimonianze di come il suo calcio possa essere ancora vincente e risolutore. Ottimale direi la posizione societaria a tal proposito, tempestiva quanto opportuna. E’ il momento di essere uniti, compatti più che mai perché siamo solo all’inizio, tutto è ancora da scrivere e le premesse, nemmeno tante nascoste, sono esaltanti. Sarebbe un peccato mortale vanificare tutto per un capriccio.