L’attacco di Paolo a Rangnick (e indirettamente al Club), il post di Ibra che avvolge di un nuovo mistero il suo futuro. Segnali di addio? Troppi dubbi sul loro futuro e su quello Milan.
È scesa la nebbia su Milanello, segno dei tempi. A una primavera così uggiosa e indecifrabile, a questo clima tetro e autunnale dalla parti di Carnago ci si è abituati da anni, tanto che non lascia per nulla scossi l’ennesimo imprevisto tuono tra lo scrosciare della pioggia. Nessuna tempesta, per ora, solo fulmini all’orizzonte (tra le colonne ordinate dei giornali e nel disordine dei post sui social media) a rimpiangere le vecchie care giornate di sole e sorrisi, passate a contare proprio a maggio i giorni verso sogni, successi e coppe. È sempre stato così il mese più rossonero dell’anno, parafrasando un vecchio claim voluto da Barbara Berlusconi per una campagna abbonamenti d’effetto, “nella gioia e nel dolore”.
Maldini Ibrahimovic Milan: troppe domande sul futuro
Qui non c’entrano ahinoi trofei da conquistare, finali agguantate per i capelli (proprio oggi, 13 maggio, si ricorda la semifinale di ritorno di Champions League del 2003 contro l’Inter, nella San Siro nerazzurra, terminata 1-1 con un gol di Shevchenko) o titoli persi con una fitta di dolore che ogni tanto torna pungente a farsi sentire (Istanbul però è una ferita rimarginata). Non c’è un remake del passato, purtroppo, ma un presente stritolato da una pandemia – ci mancava pure questa – e un futuro nebuloso senza schemi precisi da criptare. Avvolti nella nebbia, il Milan e i milanisti si interrogano su cosa sarà e chi ci sarà.
Maldini Ibrahimovic Milan: il ruolo di Rangnick
Paolo Maldini ha spedito a chiare lettere il messaggio al mittente. Meglio sarebbe dire, ai mittenti. Il primo è Ralf Rangnick, che a colpi di tuono conferma la sua vicinanza al Milan e il dialogo aperto con i vertici del Club, specificando che agli «aspetti finanziari» trainanti il suo approdo in Italia anteporrebbe la volontà di «poter decidere», e non solo gli schemi da proporre in campo. Il secondo, Ivan Gazidis, volto scoperto della proprietà americana (si fa per dire, visto che il CEO rossonero non è uomo che ama i riflettori). Paolo, attuale direttore tecnico, stuzzicato dal manager tedesco non le ha mandate a dire sottolineando, indirettamente, una distanza di vedute con i piani alti di Via Aldo Rossi. Maldini ha avvisato il Club prima di metterci la faccia (lui sì) pubblicamente, poi ha tuonato a tono, a mezzo stampa, invitando Rangnick a ripassare il «concetto di rispetto». «Parlando di un ruolo con pieni poteri gestionali sia dell’area sportiva che di quella tecnica – ha aggiunto l’ex capitano –, invade delle zone nelle quali lavorano dei professionisti con regolare contratto».
Maldini Ibrahimovic Milan: facce e distanze
Evidente la posizione di Paolo (ieri si è rivisto a Milanello a seguire a distanza il lavoro della squadra) a tutela dell’operato di Stefano Pioli e del suo staff, che sull’argomento non hanno mai espresso commenti e riflessioni. Evidente poi il richiamo a un Milan silente, che manovra sottobanco senza informare il suo management e non difende a spada tratta il proprio patrimonio umano. Evidente, ancora, la presenza sotto traccia di un contatto concreto tra Club e Rangnick, anche se da Casa Milan per la verità è trapelato in queste ore un malumore nuovo, un mix tra nervosismo e imbarazzo dopo le recenti e troppe parole del tecnico tedesco. Anche per questo, in un momento storico molto delicato, con una stagione aperta e che a causa dell’emergenza sanitaria potrebbe anche non concludersi, la proprietà non ha battuto ciglio di fronte alla nota dichiarata di Maldini.
Maldini Ibrahimovic Milan: l’umore di Zlatan
All’orchestra di fulmini si è aggiunta ieri la sinfonia di Zlatan Ibrahimovic. Ibra è rientrato, a Milanello da lunedì sta affrontando l’obbligato isolamento di due settimane come da imposizione governative per chi fa ritorno in Italia dall’estero. A Carnago ha trovato ad accoglierlo una stanza in club house accessoriata in tutto e per tutto e un servizio delivery che puntualmente gli consegna i pasti al mattino e alla sera. Esce in campo solo quando l’ultimo dei compagni ha lasciato il centro sportivo dopo la seduta di allenamento. È tornato ad allenarsi sui ritmi che avevano scandito le sue giornate di normalità in Svezia, dove le restrizioni anti-Covid sono sempre stati solo suggerimenti. A chi ne ha sbirciato gli sguardi e a chi lo conosce bene non è sfuggito però il malcontento per il nuovo polverone mediatico che si è alzato in queste settimane sul Milan. Il suo Milan.
Maldini Ibrahimovic Milan: the last dance?
Ieri, sul suo account Instagram Zlatan ha condiviso un post dedicato alla serie Netflix su Micheal Jordan e i Chicago Bulls. Nulla di male e di strano se non nel copy; in quella frase che ha accompagnato la pubblicazione qualcuno ha letto un chiaro messaggio rivolto al Milan: “Se non ti piace giocare con un vincente, non giocare…” ha scritto Zlatan. Un fulmine che descrive una situazione insanabile o un messaggio il cui scopo è smuovere le acque? Ibra ama il Milan e a Milano vorrebbe restare. È istintivo e orgoglioso ma intelligente. Il suo gesto potrebbe anche significare addio (per lui questa è The Last Dance, l’ultima danza), ma potrebbe anche sintetizzare il suo forte attaccamento ai colori rossoneri: in altre parole, “non arriviamo a tanto Milan, proseguiamo insieme!”.
La verità è che Gazidis e Ibrahimovic non hanno ancora affrontato il capitolo sul futuro. Lo faranno superata la quarantena forzata di Milanello. Lunedì 25 maggio magari, primo giorno di nuova libertà per Zlatan. Tra quindici giorni il cielo su Carnago potrebbe essere meno cupo e la nebbia lasciare spazio a qualche timido raggio di sole. Intanto la squadra tornerà a lavorare insieme e le partitelle allontaneranno i brutti pensieri. Tutto può ancora cambiare.