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Interviste

Paolo Maldini a 360°: la litigata con Spalletti, il Mondiale 2002 e la finale di Istanbul

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Paolo Maldini, direttore tecnico del Milan

Paolo Maldini si è raccontato a Mucchio Selvaggio: dalla litigata con Spalletti alla finale di Istanbul, passando per il Mondiale…

E’ un Paolo Maldini a ruota libera quello intervistato da Fedez nel podcast “Mucchio Selvaggio”. Il direttore dell’area tecnica rossonera ha toccato vari temi nella lunga chiacchierata: dalla litigata con Spalletti al figlio Daniel al Mondiale maledetto in Corea…

L’infanzia

«La mia storia parte con mio papà, che è stato un grande calciatore e rende la mia storia ancora più particolare. Mio papà è stato il primo calciatore del Milan a vincere la Champions nel ’63 con una squadra italiana. Sono molto legato al Milan e Milano e all’ambiente rossonero. Quanto ha pesato l’aspettativa? Tanto, i miei genitori mi hanno dato tutto quello che ho come bagaglio mio, educazione in primis. Mio papà mi ha instradato verso un’idea di professionismo anni ’60, io sono nato nel ’68 e sono di un’altra epoca. Ho dovuto cercare la sua idea ai tempi moderni. Io ho iniziato a 16 anni da professionista ma volevo vivere la mia vita. Credo sia stato un passo importante di emancipazione staccandomi da questa idee. Mio papà giocava la domenica alle tre, lunedì libero e poi ritiro fino alla partita dopo, ed era troppo.

Le voci sulla raccomandazione

Le voci sulla raccomandazione? Mi è pesato, e purtroppo anche sui miei figli. Loro hanno avuto dopa pressione, ma a me è pesato. Avere tutte quelle aspettativa mi ha tolto la parte un po’ più divertente. Ci sono due modi per affrontare ciò: prendere troppo peso e avere aspettative che non riesci a mantenere, oppure lottare e far vedere quanto vali. E’ presto a quell’età lì perché c’è sempre divertimento nel calcio. L’idea del papà che ha un bambino che gioca a calcio e dice “mio figlio è un campione” mette tanta aspettativa e a volte sono anche false. Di quelli che iniziano nelle giovanili del Milan, solo l’1% riesce ad arrivare in alto»

Primo gol e convocazione…

«Il mio primo gol in Serie A l’ho fatto a 17 anni, a Como. Mi ricordo tantissimi episodi di più della metà partite in cui ho giocato. Non sapevo cosa fare, era il primo gol. Ero un po’ stordito per il primo minuto e mezzo. Poi abbiamo anche vinto quella partita, quindi tanta carica e speri di arrivare al risultato finale. Mio padre mi ha convocato in Under 21, ma ero già stato convocato con Vialli e Mancini che era andata in semifinale. Ero stato convocato per la semifinale di ritorno e la finale. Il mio percorso era già tracciato, ma non ha evitato commenti. Avevo 18 anni ed era un po’ prematuro, ma già da lì ho iniziato a fregarmene»

Disciplina

«La mentalità e la disciplina è fondamentale. Quando hai talento sei portato a non avere tanta disciplina, e questa cosa ti porta a fare meno e negli anni ti manca e ti porta a rendere di meno. Lo dico sempre ai ragazzi: anche nella carriere del miglior giocatore di sempre esistono alti e bassi, quindi bisogna sempre avere disciplina. Nel mio caso credo che nell’essere nato nella mia famiglia, di aver giocato nella città in cui sono nato con a disposizione la famiglia. Se a 18 anni inizi a girare, fai fatica a mettere radici o qualcuno che ti dica le cose reali. Sia nel caso che tu vada bene o meno, perdi il contatto con la realtà. La testa è importante se abbinata al talento, alla gioia del gioco e alla disciplina. Prima di Sacchi non eravamo così precisi, contava la disciplina in area, la volontà. Salvi o fai un gol per un decimo di secondo, quella cosa che è costante e la fai tua ti aiuta. Tra un grandissimo calciatore e uno buono, non c’è un 10% di differenze, che la fanno i particolari»

Che differenze tra Sacchi, Capello ed Ancelotti?

«Nel carattere: Sacchi non ha giocato a calcio. Non dico avesse timore, ma magari aveva una maniera d’approccio diversa rispetto a quella di un grande ex calciatore. E’ stato molto difficile anche perché è cambiato il metodo di lavoro: con Sacchi ci ha ammazzato. C’erano meno conoscenze rispetto ad oggi perché poi sono arrivati i preparatori atletici. Io credo di essere andato in overtraining per metà della mia carriera. L’importante è non mescolare troppi lavori. Io andavo a casa ed ero fidanzata con Adriana, ma non ce la facevo a mangiare fuori. Ancelotti l’ho avuta nella parte migliore della mia vita, quando hai 30 anni gestisci le emozioni in maniera diversa e godi dei momenti di tensione. La cosa che più mi manca è quel misto di eccitazione e paura che c’è quando si arriva allo stadio nelle grandi partite. Prima dici “Cazzo…”, poi speri di riprovarla. Dopo i 30 anni vivi le cose in maniera più logica e tranquilla. Capello mi ha preso e mi ha detto: “Sai di essere il migliore al mondo?” e da lì ho preso la responsabilità del migliore del mondo e mi ha fatto crescere molto»

Maradona

«Lui e Ronaldo il brasiliano sono i più forti. Io non ho giocato contro Messi, grazie a Dio. Cr7 è un grande bomber, ma ha meno magia degli altri due. Io ero veloce e forte fisicamente, ma loro erano ancora più veloci. Diego poi era simpaticissimo: quando l’hanno nominato nella Home of fame, mi sono vergognato per avergli dato tante di quelle botte e gli chiesi scusa»

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L’intervista continua: dal Mondiale in Corea…

«Italia-Corea? Ho chiuso in bellezza. Prima che iniziasse mi ero reso conto che qualcosa non andava. Nel 2002 non c’era la stretta di mano, lo facevano solo i capitani. Tommasi aveva comunque l’abitudine di farlo ed è andato anche dall’arbitro, che si è rifiutato. Poi anche noi abbiamo sbagliato noi, però… Anche l’atteggiamento faceva tanto. Non ci volevano far entrare allo stadio, abbiamo fatto rissa per entrare nello spogliatoio. Quando è finita bisognava essere freddi e poi c’era tanta amarezza. Lippi nel 2006 mi chiese di andare al Mondiale, ma non me la sentivo di tornare. Avevo già detto di no nel 2004 a Trapattoni»

…a Daniel Maldini, Spalletti e San Siro

«Daniel? E’ già tanto quello che ha fatto, ha anche vinto uno scudetto. Christian è cresciuto anche lui nel Milan, poi si è rotto due volte il crociato e oggi gioca in C. Daniel sta facendo la sua prima esperienza lontano dal Milan. Tra l’altro a differenzia mia, di mio papà e di Christian è l’unico che non fa il difensore. E’ bello quello che sta facendo. Lui non è precoce come me e quindi questa stagione in prestito e la prossima saranno fondamentali. Se ho chiarito con Spalletti? Non c’è bisogno di chiarirsi. La cosa bella della maturità è anche questa. E’ venuto fuori una frase che non ho detto. Io non volevo fare casino ed essere rumoroso, in quel momento i protagonisti erano altri e non noi. San Siro? Se vogliamo vivere di ricordi restiamo a San Siro. La storia la fanno i giocatori. E’ uno stadio che è cambiato tanto, non è più quello che è stato costruito 80 anni fa. Ma possiamo andare avanti a vivere di ricordi? Oppure costruiamo un nuovo stadio moderno che ci permetta di aumentare i ricavi? La cosa che più mi dà fastidio è che la città di Milano ha capito questa cosa, non è possibile non cogliere un’occasione del genere»

L’Inter

«Che rapporto ho con l’Inter? C’è massimo rispetto, ma non è una cosa solo mia. Quando è arrivato Nesta dalla Lazio mi chiese quali erano i ristoranti in cui poteva andare e quali no, perché a Roma è così. Gli dissi che poteva andare dove voleva. C’è un antagonismo sano tra le due squadre»

Milan, Maldini: da Spalletti ad Istanbul fino al Mondiale maledetto

Infine, la finale di Istanbul

«Cosa è successo ad Istanbul? Ho fatto gol io in finale dopo 40 secondi e lì avevo capito che c’era qualcosa di strano. E’ una partita che abbiamo dominato per 110 minuti, loro hanno giocato bene 10 minuti e siamo riusciti a perdere. Ci sono state tante speculazioni su quello che è successo all’intervallo, siamo entrati nello spogliatoio urlando tutti perché eravamo nervosissimi, è intervenuto Ancelotti urlando per farci stare zitti. Hanno detto che avevamo festeggiato, io da capitano non lo avrei mai permesso e anche i miei compagni non lo avrebbero mai fatto. Sono cose lontane dalla realtà, è quasi stupido commentarle. Il calcio è bello anche per questo. Il Liverpool aveva fatto un cambio difensivo per non prendere altri gol e invece ne fanno tre in sei minuti. Il bello del calcio è anche che due anni dopo abbiamo avuto la possibilità ad Atene di affrontare nuovamente il Liverpool e di vincere»

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