In questo Milan non c’è niente che vada bene nemmeno la festa dei suoi 125 anni. Bisogna cambiare sennò aveva ragione Gianni Brera: “Vecchio Diavolo…
Doveva essere la celebrazione dei 125 anni, ma c’è stato ben poco da festeggiare in casa Milan. Anzi, già dalla vigilia si era capito che non era il caso di sparare i fuochi artificiali, vuoi perché dall’elenco degli invitati, giustificati o meno, mancavano due simboli delle epoche remote come Rivera e Maldini; vuoi perché il presidente, l’ amerikano Gerry Cardinale, ha pensato bene di non esserci; vuoi perché la tifoseria non era per niente calda e motivata per inneggiare al compleanno.
Soprattutto vuoi perché la squadra non era caricata a sufficienza, del resto mister Fonseca, con la sfogo di mercoledì sera nonostante la quarta vittoria di fila in Champions , aveva fatto capire che nello spogliatoio non tutti remano dalla stessa parte.
Dichiarazione da “hombre vertical” che ha trovato conferma con la formazione messa in campo contro il Genoa: spazio alle giovani leve, Jimenez, Liberali e Camarda e panchina puntiva per Theo Hernandez, e di nuovo per Tomori e Calabria.
La partita poi ha confermato l’andamento lento di questo quarto di stagione rossonero, l’impegno c’è ma non basta .Se poi i centravanti al plurale, Abraham e Morata, non vedono la porta, addio residui sogni di ripartenza, almeno in campionato.
Milan, Zlatan Ibrahimovic è un piccolo Diavolo…
Milan, così non va per niente. Così aveva ragione Gianni Brera: “Vecchio Diavolo… va a durmi!”
Ma se sul gelido terreno di San Siro le cose non sono andate per il verso giusto, anche sugli spalti la sinfonia non è cambiata, quello striscione esposto con tono polemico, “rendiamo onore ai nostri campioni, simboli di un Milan che non esiste più” (dedicato alle leggende che furono, presenti e omaggiate prima della gara), è l’emblema della sfiducia che sta attanagliando la tifoseria, scetticismo al quale si sono aggiunti i fischi nei confronti di Ibrahimovic.
A tal proposito è ormai assodato che le imprese sul campo dello svedese sono ormai state offuscate dal suo ruolo dirigenziale, decisamente inadeguato.
Dentro una società dove, a partire dai vertici a stelle e strisce, non si è ancora ben compreso cosa rappresenti il marchio Milan per il mondo del calcio e il conseguente attaccamento dei suoi supporters.
Gli algoritmi e i bilanci servono a livello dirigenziale ma non bastano, non giocano a pallone, non fanno gol, ci vuole quel qualcosa in più per dare un senso ad una storia gloriosa che rischia invece di diventare un freddo complesso di numeri, statistiche e geometrie tattiche, senza anima né passione.
Urge una svolta in tutti i sensi, anche a costo di tagliare qualche testa, oltre a rivedere le previsioni di business. Altrimenti torna d’attualità un vecchio motto che Gianni Brera coniò, a metà degli anni Settanta, dopo una serie di sconfitte consecutive della formazione rossonera e che recitava: “Vecchio Milan… va a durmi!”