Nell’emergenza il Milan si ritrova coperto. Con Leao e Ibrahimovic fuori dai giochi – Zlatan probabilmente per un mese, fino a Natale – toccherà a Rebic, Hauge e Colombo alternarsi in attacco tra campionato e coppa. La settimana che si è aperta con il 3-1 sul Napoli al San Paolo che ha consolidato il primo posto in classifica per il Milan, sarà già un banco di prova significativo per i tre rossoneri.
In particolare, per Jens Petter Hauge sarà un’occasione d’oro, lui che le opportunità ha sempre dimostrato di saperle cogliere al volo. Rebic è fisicamente più centravanti ma predilige le giocate da fuori area (l’assist che ha fornito a Ibra sul 2-0 al San Paolo rende benissimo l’idea), Colombo è ancora troppo acerbo per raccogliere le responsabilità di una maglia titolare. Hauge invece è più pronto e ha i numeri dalla sua. Nel ruolo di centravanti ha poca esperienza, vissuta solo con la maglia della Norvegia Under 21. Deciderà Pioli, ovviamente. In carriera Jens Petter ha dimostrato poi grande spirito di adattamento, retrocedendo all’occorrenza anche a centrocampo.
Nato pronto
Quando a settembre mise piede a San Siro con il Bodo/Glimt al preliminare di Europa League diede sfoggio ai pochi presenti sugli spalti di tutte le sue abilità e stregò Maldini, Massara e Gazidis. Si giocò la carta più importante della carriera e vinse il giro, vestendo in pochi giorni la maglia del Milan che da bambino sognava indossata dai grandi campioni. In otto sfide affrontate fin qui in stagione, compresa la parentesi norvegese, Hauge ha già messo a segno cinque reti e aggiunto due assist alla collezione. Anche senza Ibra, le chiavi dell’attacco sono in buone mani.
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Il peso specifico
Certo, Jens Petter Hauge non è Zlatan Ibrahimovic, ma il peso specifico nelle poche volte in cui è stato chiamato in causa è più o meno lo stesso: ha realizzato un gol ogni 66 minuti, Ibra una rete ogni 72. A livello statistico Hauge ha addirittura fatto meglio di Zlatan. Ma i numeri ovviamente non dicono tutto, ad esempio non inquadrano mai l’altro peso fondamentale per un attaccante: il grado di pericolosità in area di rigore. Ibra incute timore alle difese avversarie e viene rispettato come pochi altri dai suoi marcatori (Koulibaly a Napoli in occasione della prima rete del match l’ha fatto con troppa leggerezza), Hauge non ha lo stesso pedigree calcistico del campione svedese e quindi sarà di certo meno tutelato.
Avrà forse più libertà di esprimersi – lo dirà il campo, se e soprattutto Pioli opterà per avanzarlo da unica punta senza cambiare veste al 4-2-3-1 – e una carta che il Milan potrebbe sfruttare bene fin da subito: l’imprevedibilità. Ibra è conosciuto ormai su tutti i campi in cui gioca anche se continua a sorprendere a suon di giocate da manuale del calcio, Hauge è finito sui radar delle difese avversarie solo da una manciata di mesi. E questo, a guardare bene, per un attaccante non è un dettaglio da poco.