Daniel Maldini si racconta su SportWeek: «Non mi è mai piaciuto difendere, mi è sempre piaciuto avere il pallone».
In attesa della gara che verrà disputata sabato sera tra Milan e Spezia. Daniel Maldini, calciatore del Milan in prestito allo Spezia, ha rilasciato un’intervista a SportWeek.
Il settimanale italiano a tema sportivo, esce ogni sabato in allegato alla Gazzetta dello Sport. Oggi ha dedicato il proprio spazio per far conoscere bene il piccolo Maldini, che porta il peso di un cognome importantissimo nel mondo dello sport e nella storia del Milan. Nel corso dell’intervista Daniel si è raccontato in modo trasparente, regalando anche degli aneddoti riguardanti il padre Paolo Maldini. Non è un amante delle interviste, infatti, ha confessato che le fa solo perché deve. Nonostante non sia di molte parole i suoi occhi parlano chiaro.
Le sue parole: «Sono timido, riservato, tranquillo e buono. Mi piace stare tanto con gli amici, farei di tutto per loro. Da piccolo ero vivace. A scuola andavo per divertirmi e non per imparare. Non pensavo a niente».
Ricordi sul primo pallone e sulla prima partita: «Sinceramente non ho ricordi, solo qualche spezzone dei primi allenamenti al Vismara. Ricordo il freddo. Anche della prima partita ricordo qualche spezzone. Era la finale di Champions del 2007 ad Atene contro il Liverpool».
Daniel Maldini e il rapporto con i compagni di squadra
Daniel Maldini ha un buon rapporto con gli amici tra questi Nicolò Rovella: «All’inizio era più odio che amore, forse perché eravamo avversari. Poi un amico comune ci ha fatti conoscere fuori dal campo e ogni volta che torno a Milano ci vediamo». Con i vecchi compagni del Milan: «Mi vedo spesso con Leao e Saelemaekers. Rafa mi fa ridere perché non pensa a niente. Mi aspettavo esplodesse, perché ha fatto uno scatto in avanti quando ha capito di essere cosi forte».
Nonostante la sua giovane età, 21 anni compiuti l’11 ottobre, si è sempre preso le proprie responsabilità e sul suo rapporto con i genitori dice: «Mamma mi raccomanda di stare attento dal campo e la sento almeno una volta al giorno. Mio papà mi chiede come va in squadra, come lavoro in allenamento e lo sento sempre dopo una partita».
Sul sogno da bambino: «Il mio sogno era giocare in Serie A, in Champions e in Nazionale. Non sono stato obbligato a giocare a calcio. L’ho fatto perché l’ho chiesto. Ho cominciato a giocare in casa e fuori, con papà e mio fratello Christian. Abbiamo fatto un sacco di disastri, io ero il più piccolo e davano sempre la colpa a me. Il sogno di oggi? Vorrei che tutti vedessero quello che posso fare sul campo da calcio».
Daniel Maldini a SportWeek: «Non mi è mai piaciuto difendere»
Non sono mancate nel corso dell’intervista le domande su Paolo Maldini e sulla carriera diversa, soprattutto per il ruolo ricoperto, con Daniel: «Non mi è mai piaciuto difendere, mi è sempre piaciuto avere il pallone. Ho fatto il trequartista, l’esterno d’attacco, la mezzala. Il ruolo preferito è il primo, ma fare la mezzala non mi dispiace. Con papà forse ci somigliamo per il modo di muoverci in campo. Fuori ci somigliamo come carattere».
Milan, il peso del cognome Maldini
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Paolo Maldini ha raccontato al Corriere della Sera quanto sia stato pesante da giovane portare il cognome Maldini. Daniel ha ribadito: «È certamente diverso che avere un altro cognome, ma dipende da come la vivi. Io la vivo bene. A volte è più pesante, altre volte più facile. Molte volte mi sono sentito dire che gioco solo perché sono figlio di. A volte ho pensato fosse vero. Ma la maggior parte delle volte me ne sono fregato».
Su Ibra, Kjaer e Giroud, Maldini ha detto: «Ibra ti sprona fino a insultarti, ma non te la prendi perché lo fa a fin di bene. Poi finito l’allenamento, ti viene vicino e ti abbraccia. Quando è arrivato nessuno voleva fare le partitelle nella sua squadra». Su Pioli: « Pioli mi aiutava a stare sereno, era sempre disponibile, mi spiegava come muovermi in campo».