«In campo c’era una squadra che faceva della modestia e dell’attenzioni le qualità principali, l’Inter. E una squadra, il Milan, che pareva leggera, forse persino presuntuosa, confusa, superficiale». Così Arrigo Sacchi, ex tecnico dei rossoneri e oggi in Italia tra i più apprezzati “opinionisti del pallone” ha spiegato cosa è successo sabato sera in campo a San Siro nel derby di Milano vinto 5-1 dai nerazzurri di Simone Inzaghi. Sacchi lo ha spiegato in una lunga intervista concessa alla Gazzetta dello Sport, elencando tutti gli errori commessi dai rossoneri. Sulla graticola Stefano Pioli, bersagliato già da gran parte della tifoseria milanista. Anche Sacchi si unisce al coro di chi crede che le principali responsabilità del ko contro i nerazzurri sia da ricercare nel piano tattico studiato dal tecnico: «La lista (degli errore, ndr) è lunga – ha spiegato l’Arrigo nazionale -. Pressing inesistente, attaccanti quasi mai presenti in fase difensiva, marcature approssimative, squadra lunga, mancanza di collaborazione tra i reparti, poca chiarezza di gioco».
«Pioli ha sbagliato partita. Bisogna che lui sia il primo a essere convinto delle cose che fa e poi trasmetta questa convinzione ai giocatori. Nel derby, giocando in quel modo, l’allenatore non ha dato certezze alla squadra. Il Milan, se vuole avere successo, dev’essere un collettivo nel quale tutti partecipano alla fase offensiva e difensiva. Chi è d’accordo con Pioli, bene. E chi non è d’accordo sta fuori». Il Milan ha giocato il derby con tre attaccanti senza fare pressing: i rossoneri – ha commentato Sacchi – avevano «undici giocatori sparpagliati sul campo, senza logica e senza organizzazione. Si sperava nello spunto di Leao, nella corsa di Hernandez, nel colpo di testa di Giroud… Ma lo si vuole capire che il calcio è un fatto collettivo, che sono necessari i raddoppi di marcatura, che i reparti devono aiutarsi tra loro e, per farlo, è necessario che siano vicini? Non si può avere una squadra lunga 50 metri come il Milan».
Altro problema poi le ripartenze concesse all’Inter: «Ogni volta che andavano in contropiede, i nerazzurri creavano un’occasione pericolosa. Questo è inammissibile. E le marcature preventive dov’erano? Ripeto: l’atteggiamento dei rossoneri mi è sembrato superficiale. Il proverbio dice che errare humanum est, ma ricordiamoci che perseverare è diabolico. Quindi, su le maniche e tutti al lavoro. Con chiarezza di idee. L’Inter ha vinto perché è stata una squadra compatta, determinata, umile. Ha fatto poche cose, ma chiare e semplici».
Sacchi ha detto la sua anche sui terzini che in fase di impostazione giocano in mediana: «Mah… Io ho visto che quando avevano il pallone i rossoneri lanciavano lungo. Ma che roba è? Calabria, da ragazzo, era un centrocampista, però adesso fa da tanto tempo il terzino e allora facciamogli fare quel ruolo senza mandarlo in confusione. Sono favorevole alle novità, denotano una volontà di progresso. Ma prima di tutto ci deve essere la base, il collettivo. Dopo si può pensare alle varianti. I giocatori non erano posizionati bene e aspettavano il pallone da fermi – ha aggiunto Sacchi parlando del possesso palla insistito che ha inevitabilmente abbassato il ritmo della manovra – . Ma il problema principale è che il Milan deve diventare un collettivo e non un insieme di individualità». Come ritrovare il giusto indirizzo? Sacchi suggerisce di non demoralizzarsi, «ma si deve fare chiarezza. Per primo l’allenatore, che ha già dimostrato di essere una persona intelligente. La lezione può essere utile se allontana la superficialità, il pressapochismo e la presunzione».