Nuovo episodio dentro la lunga telenovela sulla demolizione dello stadio di San Siro. Il fronte dei “no” avanza, conquista sempre più terreno, e nel ruolo di portabandiera nientepopodimenoche il più esperto critico d’arte che l’Italia possa vantare: Vittorio Sgarbi. L’attuale Sottosegretario alla cultura fa parlare di sé però più per i modi che per la sostanza delle sue parole.
Le più recenti sono un attacco sfacciato ai nuovi proprietari di Milan e Inter, definiti con poca eleganza «un americano e un cinese». Sgarbi continua la sua battaglia: lo stadio Meazza – tuona ai microfoni del programma tv della Rai Che c’è di nuovo – «non si abbatte non perché è un monumento storico, ma perché è un monumento di un’emozione che il calcio dà a chi dal 1926 va in quel teatro dello sport. Ho detto che esiste una norma del codice dei beni culturali che non è un vincolo per il monumento che è stato variamente risistemato, ma viceversa è vincolo della memoria, della storia del monumento. Su questo è nata una polemica che non aveva ragione d’essere».
Qui l’affondo: «Io non ho detto “farò un vincolo” ma la sovrintendenza oggi non c’è, è vacante, ha il dovere di valutare questa indicazione, procedere come ritiene, come tutta la città vuole. Un cinese e un americano, ricchi, capitalisti, vogliono distruggere un monumento dei milanesi».
San Siro, Sgarbi poco elegante con Cardinale e Zhang
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San Siro, Sgarbi e le polemiche: niente invito alla Scala
Sgarbi ha poi commentato il mancato invito alla prima della Scala, tradizionale appuntamento culturale e mondano non solo per i milanesi. Qualcuno sostiene che non lo abbia ricevuto a causa delle continue polemiche con il Sindaco Giuseppe Sala sull’abbattimento dello stadio Meazza: «Si vede che sono molto suscettibili perché scambiano le opinioni per polemica – ha replicato Sgarbi –. Ho detto diverse cose, condivise da tutti, da destra e da sinistra. Condivise da Milly Moratti, da Massimo Moratti, da Mucchetti senatore del PD, da Tabacci fino a Salvini. Ho detto che un monumento come San Siro, un monumento della memoria, non si abbatte».