Una riflessione sulla nazionale, che nasce dopo aver visto le prime partite del Mondiale senza Italia in Qatar.
24 Giugno 2014, Natal, Brasile: siamo al minuto 80 del match tra un’Italia inguardabile, rimasta in dieci uomini per l’espulsione di Claudio Marchisio, e la nazionale dell’Uruguay, che sta facendo il minimo sindacale per metterci in difficoltà: oseremo dire “una nazionale che non morde“, se non fosse per l’affamato Luis Suarez. Gli Azzurri di mister Prandelli non hanno necessariamente bisogno di vincere per proseguire in quella edizione del Mondiale, perché dopo aver battuto l’Inghilterra all’esordio, ed avere incredibilmente perso contro la Costa Rica, un pareggio basterebbe per avanzare al turno successivo, e la partita sembra effettivamente indirizzata verso uno 0-0 triste ma favorevole ai nostri colori: calcio d’angolo, stacco imperioso del capitano de La Celeste, Diego Godin, gol. Poi poco o nulla da segnalare, prima dell’ultimo triplice fischio che ha visto protagonista l’Italia in una fase finale della Coppa del Mondo.
LEGGI ANCHE Milan, missione Italia: tre nomi per rilanciare la nazionale
Dalla Russia al Qatar, otto anni senza Italia al Mondiale
Russia 2018, Qatar 2022: otto anni, zero partite della nazionale alla fase finale del Mondiale. Un risultato sconcertante, umiliante, per un paese che vive a pane e pallone, che ospita alcune tra le migliori squadre di calcio del panorama internazionale, e che da meta ambita dalle star del calcio mondiale, pare destinata a diventare una pensione per chi vivere di ricordi. Dopo l’exploit, meritato ma anche fortunoso, dell’Europeo vinto contro l’Inghilterra, molti sostennero che quella vittoria avrebbe solo allungato l’agonia di un movimento statico, immobile ed incapace di innovarsi: una profezia che si è avverata, purtroppo per noi, il 24 Marzo 2022, con il gol di Trajkovski al 92esimo.
Qatar 2022: Italia, meno male che non ti sei qualificata al Mondiale
Fine Novembre: siamo appena all’inizio della seconda giornata della rassegna in Qatar, ma possiamo già sentenziare, senza indugi, quanto segue: meno male che non ci siamo qualificati. Infatti, queste prime ore di gioco hanno evidenziato come le “vecchie glorie” Argentina e Germania, rimaste al loro sopparsato modo di approcciarsi alla partita, abbiano pagato dazio contro nazionali non irresistibili, ovvero una anonima Arabia Saudita (nel senso dell’essere priva di stelle di caratura internazionale, ndr) e un grintoso Giappone, che con il loro stile e i dettami tattici improntati all’attesa ed al contropiede, hanno raggiunto due risultati insperati.
Ma limitarci ad analizzare i due KO più evidenti, sarebbe ingiusto ed incompleto: dall’Iran del secondo match contro il Galles al Messico, dal Marocco al Canada, abbiamo visto delle formazioni veramente arcigne, ben messe in campo, e che hanno mostrato intuizioni tattiche e accorgimenti che hanno limitato al minimo il gap con le più blasonate compagne di viaggio in questa kermesse. Accorgimenti che, osservando il non gioco della nazionale di casa nostra, impegnata con delle prestazioni al limite della decenza contro Albania ed Austria, ci devono fare pensare, e riflettere.
L’ingannevole record di vittorie consecutive
Tra una non qualificazione all’altra, oltre al successo agli Europei di cui abbiamo già parlato, ma che ci teniamo ribadire essere stata oggettivamente sia merito di buone prestazioni di squadra, sia molto influenzata dalla buona sorte, un plus che ha contribuito al non ricercare soluzioni nuove tecniche e tattiche è stato quello del record di imbattibilità raggiunto dall’Italia, cominciato nel 2018 ed interrotto nel Giugno 2021 a Milano, con la sconfitta per 2-1 contro la Spagna, in semifinale di Nations League: trenta vittorie e sette pareggi che hanno viziato il giudizio sulla rosa e su alcune scelte, più che discutibili, che hanno di fatto rallentato un naturale riciclo dei giocatori chiamati a vestire la casacca azzurra: troppi giocatori avanti con l’età ed alla fine di un ciclo, quasi trascinati in campo, e troppa poca meritocrazia, che ha inevitabilmente portato al malumore da parte dei tifosi che, oramai, criticano ogni scelta del CT Mancini, compresa quella di convocare un giovane come Simone Pafundi, “reo” di aver giocato solamente qualche minuto in serie A, con la maglia dell’Udinese.
Stati Uniti-Messico-Canada 2026, l’Italia ci sarà al prossimo Mondiale?
No, cari lettori: non abbiamo la sfera di cristallo, e non vogliamo lanciarci in affrettate previsioni su una qualificazione ancora da iniziare a giocare. Possiamo però, da bravi tifosi da bar, provare a dare qualche consiglio a chi proverà a portarci in questa prossima avventura mondiale: che sia Mancini o qualcun altro, la prima azione da fare è un cambio tattico totale. Guardare le partite di Qatar 2022 sicuramente servirà, per capire come sta evolvendo il giuoco più bello del mondo, ed a quali accorgimenti potremmo ispirarci per le prossime formazioni che scenderanno in campo. Insomma, in poche parole: svecchiare, cambiare.
In secondo luogo, probabilmente stiamo guardando troppo fuori dai confini nazionali, e stiamo perdendo di vista giocatori che probabilmente non avranno nomi esotici, ma che stanno ben facendo in Serie A, oltre a calciatori che meriterebbero più di una convocazione, o qualche minuto: un esempio classico è quello del ruolo del portiere, dove Provedel, Meret e Vicario non hanno nulla da invidiare all’attuale titolare, l’ex rossonero Donnarumma, che invece nelle ultime uscite ha dimostrato spesso di soffrire di momenti di black out. Forse sarebbe bene dargli un pò di respiro, e farlo riposare, se non fisicamente, mentalmente. I tifosi rossoneri nello specifico, poi, vorranno capire a tal proposito perché, al netto degli infortunio, non venga dato spazio a Davide Calabria, che alla causa azzurra potrebbe essere molto utile.
Infine, ci vuole un cambio generazionale nella leadership: puntiamo da subito sui futuri senatori azzurri, ovvero Barella e Tonali, e costruiamo su di loro la squadra che verrà, dando loro la responsabilità che oggigiorno non sembra avere nessun calciatore in campo.
Insomma, per il Mondiale 2026 pensiamo… all’Italia del 2006
La Nazionale del 2006, quella di Fabio Grosso che segna il rigore decisivo sotto le stelle del cielo di Berlino, quella che corre ad abbracciarsi e ad esultare per aver vinto il Mondiale, non era sicuramente la più forte sulla carta, ma aveva il giusto mix dei consigli che abbiamo appena scritto: un CT che proponeva molte scelte tattiche alternative, un insieme di giocatori di classe e di trascinatori in campo, e rappresentavano il meglio del nostro campionato.
Pure questa convocazione venne criticata aspramente, però Lippi con le sue scelte realizzò l’impresa più grande, che a Mancini non è mai pienamente riuscita: avere ragione.